Vibo Valentia, orrore al circo
proprietario schiavizzava immigrati
Gli uomini svolgevano turni di lavoro massacranti da due anni
Uno di loro, alcuni mesi fa, era morto per un incidente sul lavoro

Ridotti in schiavitù. Dopo aver svegliato tutti gli artisti circensi dalle loro roulotte, le forze dell'ordine hanno avviato una minuziosa perquisizione in tutto l'accampamento. Diretti dal maresciallo Riccardo Astorina, non hanno impiegato molto a trovare i 6 indiani nascosti tra le baracche, che a mala pena capivano italiano e vivevano in condizioni igieniche da film horror, costretti a vivere in un camion e a dormire su brande sporche e piene di insetti. Uno di loro era costretto a dormire su di un materasso coperto di spazzatura, sistemato nel cassone di carico di un camion adibito al trasporto del cibo per gli animali. Lo stipendio mensile degli uomini era pari a 150 euro e lavoravano tutti i giorni dalle sei alla mezzanotte. In caserma, l'unico operaio indiano in grado di parlare l'italiano, ha dichiarato ai militari che lui e i suoi compagni da 2 anni erano alle dipendenze del circo e Mavilla, da sempre, li aveva costretti a vivere in quei pochi metri quadrati di inferno, costringendoli a svolgere turni di lavoro massacranti. I sei uomini si occupavano da soli dello smontaggio e del montaggio di tutta la struttura, della cura degli animali, anche di quelli feroci, e della sistemazione dei posti per gli spettatori. Uno di loro, alcuni mesi fa, mentre il circo si trovava nel Lazio, era morto proprio a causa di un incidente sul lavoro.
Schiavista dotato di humor. La moglie dell'uomo in un primo momento ha cercato di convincere i Carabinieri che il marito era partito di notte per la Sicilia e non sarebbe tornato prima di alcuni giorni. Le scuse della donna però non hanno convinto i militari dell'Arma che hanno subito cominciato a rivoltare da capo a piedi la roulotte della coppia, fino a quando non hanno trovato l'uomo nascosto nel più classico dei nascondigli, sotto il letto. L'uomo, alla vista degli uomini della Compagnia di Vibo Valentia, ha trovato anche la forza di fare lo spiritoso, dicendo che aveva fatto negare la sua presenza perchè molto timido e apprensivo, poco propenso a parlare con gli sconosciuti. Senso dello humor che è improvvisamente sparito quando i militari lo hanno fatto salire sulla loro auto per accompagnarlo in caserma, mentre gli uomini della Forestale hanno avviato un minuzioso controllo delle condizioni di vita, dell'alimentazione e delle certificazioni sanitarie dei numerosi animali esotici presenti nella struttura. Il circo portava avanti la sua attività nella totale assenza di qualsiasi tipo di autorizzazione sanitaria al trasporto degli animali sui camion e, soprattutto, allo smaltimento delle tonnellate di rifiuti che mensilmente producevano. I materiali di scarto venivano semplicemente fatti sparire, senza dare troppo nell'occhio.
da: la Repubblica
L'articolo non riporta un dettaglio: che per gli indiani è scattata subito l'espulsione, perchè clandestini.
Penso al fatto che il circo è spesso associato al puro divertimento, mentre storie come queste ci mostrano una bottega degli orrori in cui sono in pochi a divertirsi.
Ovviamente la storia di oggi ritorna sul leit-motiv del momento, immigrazione clandestina, lavoro nero e sottopagato, morti bianche...
Eppure io vorrei soffermarmi su un aspetto che l'articolo non tocca. Il circo dovrebbe essere un sano spettacolo per grandi e piccini, invece spesso il "dietro le quinte" nasconde un tetro spettacolo che di sano ha ben poco.
Parlo delle condizioni in cui vivono gli animali nei circhi.
Parlo di condizioni igienico sanitarie pessime, di maltrattamenti, ammaestramenti forzati. Parlo di sbarre e catene.
Non sono tra quelli schierati contro il sano divertimento, al contrario faccio della mia vita, quotidianamente un piccolo spettacolo in cui mi improvviso intrattenitore e a volte buffone. Dico che il circo può sopravvivere con la sola bravura di acrobati, prestigiatori, uomini forzuti e donne cannone, di clown, tiratori di coltelli e mangiafuoco.
Anzichè campare sulla pelle degli animali o di uomini trattati come animali.